Prima o poi in ognuno di noi si accende il bisogno di allontanarsi, di esplorare l’altrove con gli occhi dell’anima. Quelli bravi direbbero che abbiamo bisogno di abbandonare la zona di comfort. Personalmente credo che ognuno riempia di significato la partenza in base al proprio vissuto e per ciascuno di noi l’altrove può essere un luogo, un profumo, un sapore, uno squarcio di sole tra le nuvole, il suono del vento, l’incontro con lo sguardo dell’altro. Partiamo con un bagaglio di emozioni, pressioni, stanchezza, aspettative da decifrare lungo il percorso. Scegliamo di esperire un distacco ed è in questa forma di distacco che accogliamo il senso più intimo del viaggio. Per qualche tempo le nostre abitudini rimangono sospese ai margini della nostra esistenza, un altro ritmo scandisce i nostri sensi e pensieri, le inquietudini trovano quiete, il passo rallenta. In viaggio recuperiamo parte delle nostre percezioni spesso sopite e domate dall’incedere della quotidianità.
Il viaggio sbiadisce la nostra idea di distanza. Ciò che percepivamo come lontano, in poco tempo è incredibilmente vicino, forse perché la lontananza era la dimensione del desiderio di quel viaggio che coltivavamo da tempo.
In viaggio portiamo le nostre radici, questi filamenti animici e culturali che rendono possibile l’incontro con l’altro. Le nostre radici sfiorano quelle dell’altro e questo contatto produce la linfa delle emozioni che ci nutrono e continueranno a nutrire i ricordi al ritorno. Rimaniamo noi stessi, ma il nostro planisfero interiore si espande.
In viaggio, a volte, lasciamo andare un dolore, una delusione, un’assenza, ma nel profondo ci prepariamo per lasciare che altro arrivi. Recuperiamo uno sguardo più ampio e luminoso sulla realtà. A volte si fugge ma poi ci si scopre in ricerca. E ognuno ha la sua. Quando i sentieri di ricerca si incrociano e se ne condivide anche solo una piccola parte, il viaggio si compie e continua a compiersi.
Sui sentieri di questa itinerante complessità, buon viaggio a tutti voi.

Giulia
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